Nella realtà politica attuale risulta sempre più difficile sostenere l'ipotesi che un determinato candidato premier sia il prodotto di una cultura politica ancorata a principi inequivocabilmente affini a determinate frange politiche. Il massimo esempio contemporaneo di "liquidità" del sistema politico è l'attuale Presidente del Consiglio Matteo Renzi.
La sua cultura politica, il suo agire non solo nell'agonè partitico ed istituzionale, ma anche sotto il punto di vista strettamente consensuale conducono ad una realtà ben diversa rispetto all'ambiente che dovrebbe, seppur ormai edulcorato, aver formato il volto della nuova generazione politica della sinistra italiana.
Non solo però la sua appartenenza personale ed il suo agire caratterizzano un prodotto politico trasversale: c'è in effetti da considerare quanto la ricerca del consenso "renziana" si sia, in un periodo di tempo fortemente ristretto, espansa non solo all'interno del centro-sinistra ed internamente al Partito Democratico, ma anche in quell'ambiente che vede come egemoni rappresentanti Silvio Berlusconi e l'entourage di politici che gravitano intorno alla sua personalità ormai da 20 anni.
Venendo ai fatti reali, già prima della sua investitura da parte del Presidente della Repubblica, saltano immediatamente all'occhio alcuni fatti che mai si erano verificati nei confronti di un leader (all'epoca) in pectore della sinistra: le sporadiche visite a Berlusconi, le comparsate nei programmi di maggior rilievo della Mediaset, un'atteggiamento più volte mite da parte del Berlusconi politico ed imprenditore... Tutti segni di un'inequivocabile "lasciapassare" della destra italiana nei suoi confronti.
Ultimo, stavolta in campo istituzionale, segno di benevolenza si è verificato nel corso della settimana con la richiesta della fiducia da parte del governo al Senato ed il sostegno di Forza Italia (formalmente all'opposizione) a consentire la tenuta della fiducia parlamentare nei confronti dell'esecutivo.
In un contesto simile è evidente quanto le fratture di un governo di larghissime intese lascino spazio all'inserimento di soggetti terzi nelle vesti di custodi della tenuta del governo: in effetti la natura tutt'altro che granitica dell'esecutivo lascia pensare a fratture consistenti del corso della legislatura, con un Berlusconi che si riconferma nelle vesti machiavelliche di "ago della bilancia" come fu già per il governo Monti.
Altra necessaria considerazione investe la possibilità di un duopolio Renzi-Berlusconi che sorregga un futuro ed ennesimo governo di larghe intese: il sempre più sporadico ricorso all'istituto delle elezioni e l'ormai sicuro rafforzamento di Renzi alle prossime elezioni europee lasciano intravedere all'orizzonte lo spettro di un nuovo "rimpasto" che possa dare vita al governo Renzi II, un governo di pura transizione tra vecchio e nuovo, apparentemente parte di due segmenti impermeabilmente diversi ma che condividono per cultura, formazione ed indole molto più di quanto non si condivida con lo schieramento di centro-sinistra, sempre più isolato nelle alleanze (retto da una nuova ondata di vocazione maggioritaria) e sempre più succube di una personalità forte come quella del leader toscano.
Che i punti di incontro tra il leader di Arcore e il giovane toscano siano frutto del caso o del calcolo politico, destano i dubbi di tenuta maggiori nei confronti di una sinistra sempre più ostaggio di valori alieni alla sua natura e propensa ad un compromesso continuo con chi, a conti fatti, mira ad estendere la presenza berlusconiana all'intero scenario politico.
CARLO COPPOLA
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