Vis Sapientia incontra il Prof. Augusto Sinagra


Il 23 Maggio 2014, si è tenuto presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università "Sapienza" di Roma il convegno "Ritorno a Jalta?", sulla crisi che imperversa da mesi in Ucraina. Alla presenza di Raffaele Cadin (giurista della Sapienza), Dario Citati (slavista dell'ISAG), Matteo Marconi (geografo dell'Università di Sassari), Daniele Scalea, (storico dell'ISAG), Paolo Sellari (geografo della Sapienza) e Augusto Sinagra (giurista della Sapienza), il convegno ha portato all'attenzione della numerosa platea, le conseguenze giuridiche, geopolitiche e sociali della crisi Ucraina, sia sul piano delle relazioni internazionali, in cui agiscono ad oggi numerosi attori (UE, USA e RUSSIA principalmente), sia sulla "conflittualità intra-ucraina". 

A conclusione del convegno uno dei più illustri professori di Diritto (all’Università La Sapienza di Roma) e avvocati, Augusto Sinagra, ha concesso un'intervista all'associazione Vis Sapientia, sui temi del dibattito:


1) Titolo del Convegno. Perché “ritorno a Yalta”?

Nel corso della Conferenza di Yalta (4-11 febbraio 1945), Roosevelt, Churchill e Stalin decisero quale sarebbe stato l’assetto politico internazionale al termine della seconda guerra mondiale. In particolare, si stabilì la divisione della Germania in quattro zone di occupazione e si posero le basi per la divisione dell’Europa e del mondo in “zone di influenza”. Tale assetto perdurerà durante tutta la “guerra fredda”. Il riferimento a Yalta è dunque motivato, in primo luogo, dalla netta contrapposizione, emersa in occasione della crisi ucraina, tra gli Stati Uniti e l’Europa occidentale da un lato, e la Russia dall’altro, che sembra riprodurre –pur con sostanziali differenze- lo scontro tra i due “blocchi” durante la “guerra fredda”.
In secondo luogo si intendeva richiamare, con il titolo del Convegno, un’altra fondamentale decisione presa a Yalta: il “diritto di veto” dei membri permanenti in seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Di questo diritto si è infatti avvalsa la Federazione Russa il 15 marzo 2014, riuscendo a bloccare l’adozione, da parte del Consiglio di Sicurezza, di un progetto di Risoluzione proposto dagli Stati Uniti nel quale si dichiarava invalido il referendum che si sarebbe tenuto il giorno dopo in Crimea.

2) Secondo Schulz ci potrebbero essere ripercussioni per i cittadini europei, oltre che per gli investimenti europei in Russia. Perché?

Martin Schulz ha affermato, nel suo discorso in occasione del Consiglio europeo del 20 marzo 2014, che «per la prima volta dalla fine della guerra fredda i cittadini dell’Unione sono preoccupati per la propria sicurezza». Secondo Schulz sarebbe «una paura reale», motivata dal rischio di un conflitto regionale. Ritengo che tali rischi siano stati evocati da Schulz in funzione strumentale per giustificare la posizione assunta dagli Stati membri dell’Unione europea, “a rimorchio” degli Stati Uniti. Del resto è appena il caso di far notare che, date le carenze strutturali della PESC (politica estera e di sicurezza comune) e della PESD (politica europea di sicurezza e di difesa), appare del tutto fuorviante parlare di politica estera dell’Unione europea (in realtà inesistente).

3) Il referendum in Crimea può essere riconosciuto a livello legale? La Comunità internazionale riconosce il risultato del referendum?


Gran parte della Comunità internazionale non ha riconosciuto l’esito del referendum tenutosi in Crimea il 16 marzo 2014 con il quale il 97% dei votanti ha sancito la secessione della Crimea dall’Ucraina e la sua annessione alla Russia. La motivazione addotta per dichiarare l’invalidità del referendum è stata quella del mancato rispetto della procedura prevista dalla Costituzione ucraina per l’indizione dei referendum, non essendo stato autorizzato dal governo nazionale provvisorio. Il dato è però giuridicamente irrilevante per l’ordinamento internazionale, e rileva per il solo ordinamento interno. Senza contare che, a ben guardare, la Costituzione ucraina è ben più grevemente stata violata con il colpo di Stato del 22 febbraio 2014, che ha portato alla destituzione del Presidente -legittimamente eletto- Viktor Yanukovich.

4) Quali potrebbero essere le conseguenze geopolitiche dell’accordo Cina-Russia? Potrebbe avere ripercussioni sull’Europa e sull’Italia?

L’accordo sul gas, firmato il 21 maggio tra Russia e Cina a Shangai, ha indubbiamente una forte valenza politica. Sebbene sia frutto di un decennio di negoziati, esso assume un rilevante significato strategico alla luce della recente crisi in Ucraina. Le forti tensioni emerse negli ultimi mesi fra Russia da una parte e usa ed Unione europea dall’altra, hanno spinto Putin a voltarsi verso la Cina per trovare un secondo mercato di sbocco al gas russo, neutralizzando almeno in prospettiva la minaccia di sanzioni, soprattutto in campo energetico. Questo accordo ha dunque come conseguenza un deciso riassestamento degli equilibri geopolitici che vede i Paesi europei sempre più costretti alla loro vicinanza con Stati Uniti, e la Russia aprire ulteriormente alla Cina le porte della propria economia, soprattutto nel settore delle infrastrutture e delle materie prime. 

"Ringraziamo il Prof. Augusto Sinagra per le sue risposte, che spingeranno sicuramente gli studenti del nostro ateneo a una maggiore crescita culturale".


                                                                               VIS SAPIENTIA


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