Paolo Barnard, giornalista di Report, ha scritto un saggio che si legge come un romanzo. Perché ci odiano non è la domanda di un occidente che non comprende la ragione di tanto disprezzo verso il “nostro mondo”. Al contrario, il libro espone in maniera documentatissima le cause probabili e innegabili di questo odio.
Il libro è indispensabile se si vuole guardare da un’altra angolazione e capire a fondo la questione della lotta al terrorismo o del presunto scontro di civiltà (tra un Occidente ovviamente “nel giusto” cui di solito è contrapposto un nemico generico, intercambiabile di volta in volta – prima l’Afghanistan, poi l’Iraq e ora l’Iran – e mosso dalla volontà sprezzante di annientare le nostre libertà). Barnard scava nella storia, soprattutto nella storia delle politiche estere di alcune nazioni occidentali (USA, Russia, Inghilterra) e di Israele. Attraverso un analisi fatta di documenti ufficiali mostra come le radici del terrorismo islamico e anti-occidentale vadano cercate non nel generico disprezzo verso l’Occidente, ma piuttosto nell'impatto devastante delle politiche estere portate avanti per anni da alcuni governi occidentali nei confronti di quei paesi da cui ora parte, con ben poca casualità, il riflusso di terrore che è sotto gli occhi di tutti.
La tesi di Barnard è che a monte ci siano state azioni di terrorismo da parte di nazioni occidentali verso Paesi latinoamericani, asiatici o mediorientali. Paesi dove si annidava, sempre e non a caso, un interesse economico o geopolitico occidentale. Azioni di terrorismo guidate, tollerate e a cui alcuni governi (gli USA su tutti) hanno fornito appoggio economico e logistico. Tra gli episodi citati nel libro, uno mi ha colpito su tutti: l’annientamento di un intero villaggio nel Salvador – El Mozote – compiuto nel dicembre del 1981 da parte delle truppe d’elite salvadoregne del Battaglione Atlacatl. Le milizie responsabili dell’eccidio – finanziate dagli Usa e addestrate nella base statunitense di Fort Benning, in Georgia – avevano ucciso oltre ottocento civili, tra cui quattrocento bambini, tutti sgozzati. Solo una testimone si è salvata, colei che ha permesso al mondo di conoscere quel massacro. Ovvia precisazione: Barnard non giustifica e non tenta di ridimensionare la portata del terrorismo islamico, ma va a scavare nei coni d’ombra delle verità ufficiali. Al lettore rimane, a questo punto, la decisione di rifiutare o meno ricostruzioni e verità parziali, nel duplice significato di “incomplete” e “di parte”.
“Perchè Bin Laden che arma e sostiene diciannove persone che uccidono tremila americani innocenti è un terrorista, mentre Lyndon Johnson o Henry Kissinger (o Bush, Blair o Putin, aggiungo io) che hanno armato e sostenuto un esercito che (in quel caso) di innocenti ne uccise un milione non lo sono?” Barnard non cerca di stabilire dove siano il torto e la ragione, ma di fornire al lettore gli strumenti per capire oltre quanto concesso dalle verità ufficiali. E facendo ciò, restituisce spessore e valore alla parola “giornalismo”.
VIS SAPIENTIA
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