Siamo in Pakistan, nel sesto paese più popoloso del mondo, quello che ha dato i natali a Malala Yousafzai, premio Nobel per la Pace 2014. Come denuncia la stessa Malala, in Pakistan non esiste un vero e proprio diritto all’istruzione, soprattutto per le bambine. L’Unesco riporta i seguenti dati: tre milioni di bambine pakistane non frequentano la scuola e non è un caso che la spesa pubblica per l’istruzione sia diminuita al 2,4% del prodotto interno lordo. Per ogni dieci bambini, ci sono otto bambine che frequentano la scuola; ma il rapporto cambia nelle zone rurali del Pakistan, dove le bambine che vanno a sono quasi sempre la metà dei maschi.
La situazione peggiora soprattutto nelle aree più conservatrici e rurali del Pakistan: la forte presenza dei talebani, contrari all’emancipazione femminile anche a livello scolastico, la permanenza di una cultura spesso complice o incapace di affrancarsi, le difficoltà dovute a zone ad alto rischio di morte a causa dei conflitti interni e delle guerriglie, fanno sì che il numero di bambine che va a scuola sia nettamente inferiore rispetto a quello maschile. Del resto, non ci si stupisce più di tanto se il Pakistan è lo stesso paese in cui una donna è stata lapidata per aver scelto chi sposare: la svalutazione della donna e delle sue possibilità di autodeterminazione è forte.
Proprio nella difficile situazione che sta vivendo il Pakistan gli esempi virtuosi, in cui l’istruzione viene garantita parimenti a maschi e femmine, brillano ancora di più. Jalozai è un campo per rifugiati, situato a 35 kilometri da Peshawar, presente ormai dagli anni Ottanta. Nonostante sia stato formalmente chiuso, il campo di Jalozai ha continuato a vivere e fra il 2008 e il 2010 molti dei 4 milioni di persone che abbandonavano il Pakistan nord occidentale per conflitti tribali si sono diretti lì. Qui ha avuto luogo un esperimento dell’Unicef: organizzare e gestire un sistema scolastico paritario. E l’esperimento è riuscito: su 13.000 bambini, la metà sono ragazze, un dato decisamente differente da quello delle scuole istituzionali. Nargis, una delle bambine, così commenta: “E’ il momento di imparare ed è importante che l’istruzione sia alla portata di tutti. E’ necessario che anche le ragazze possano un giorno diventare dottoresse o insegnanti. Il mio sogno è di essere un giorno una maestra.” Un’altra piccola Malala che forse non ha avuto la visibilità dei media, ma che ci fa capire una cosa: come lei ce ne sono tante. E il diritto all’istruzione, che per una parte del mondo è quasi una banalità, diventa motivo di vita e di lotta per qualcun altro.
ELISA ELIA
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