"Mondo moderno come malattia." E se la cura fossi TU?





Premetto che inizialmente volevo intitolare questo articolo “Impariamo dagli altri”; poi però ci ho riflettuto e mi son chiesto: perché imparare dagli altri quando quelli diversi da ciò che è sbagliato possiamo essere proprio noi stessi? Sono uno studente al primo anno di Sociologia, studiando per l’esame di “Istituzioni di sociologia” ho trovato in uno scritto del prof. Bernardini (“Crisi o declino? - La globalizzazione e i suoi effetti”) alcuni punti che non possono non far pensare un attimo. Ci si ferma, si rilegge, si ragiona. Il primo punto che mi ha sorpreso è stata una critica all’emancipazione femminile intesa come aspetto della società contemporanea, o meglio ancora come conseguenza del progresso, il professore lo definisce come un “effetto perverso” di quest’ultimo. Il problema non è l’emancipazione in sé bensì, a sua volta, le sue conseguenze.

Ovvero l’emancipazione femminile ha portato, causa l’apertura per le donne a quasi tutti i livelli del mercato del lavoro, ad un dimezzamento del tasso di fecondità. Come riportano i dati, nel 1871 abbiamo 1 attivo (in età di lavoro) e 1,4 non attivi (non in età di lavoro); nel 2006 abbiamo 2 attivi e ben 5 non attivi. Come ben sappiamo, questo fenomeno (l’emancipazione femminile) che ci sta portando in un “mondo di vecchi”, è del tutto occidentale. Ma torneremo dopo su questo discorso.
Ciò che fa riflettere è la capacità (da stimare) di critica del professore nei confronti di un argomento che sta diventando quasi un dogma, un qualcosa di moralmente non contestabile. 

Altre critiche sono rivolte nei confronti dell’asimmetria tra “società lunga” ed “individuo breve” che comporta ad una famiglia che, non essendo più quella tradizionale, sta diventando luogo di esclusione anziché inclusione; ad una scuola che si trascina nel futuro anziché proiettarcisi, diventando un “non luogo” per i giovani. La cosa che, a parer mio, è meno da sottovalutare è però la causa delle “malattie planetarie”. Le malattie sociali fanno riferimento ad una statica, mentre le crisi sociali fanno riferimento ad una dinamica. La differenza però che interessa a noi è quella tra malattie planetarie e malattie sociali. 

Le prime sono effetto della globalizzazione e riguardano il “sistema-mondo”. La definizione di “sistema” invece la troviamo in “Sociologia. Fondamenti e teorie” di O’Byrne. Un sistema è un insieme costituito da varie parti; l’idea di “sistema sociale” può essere introdotto paragonando la società al corpo umano, dunque ogni PARTE ha un RUOLO o una FUNZIONE specifico/a per uno SCOPO. Come dicevamo prima, le malattie planetarie riguardano il sistema-mondo, questo perché è praticamente impossibile dividere i “territori” prevedendo differenze sostanziali di malattie e crisi.
Le differenze tra malattie sociali e malattie planetarie, dunque, sono: in primis i territori coinvolti e le difficoltà a superare le malattie di territori “altri” e circoscritti appellandoci al naturale egoismo umano; in secondo luogo, le malattie planetarie hanno vita più facile poiché non hanno in opposizione l’azione di un governo.

Detto ciò, senza voler annoiare nessuno né tantomeno riportare una analisi già svolta da altri ma che ci è fondamentale per capire di cosa stiamo parlando, arriviamo al punto che ci interessa. Come già detto prima, ci interessa capire la causa delle malattie planetarie. Il professore va dritto al punto.
Le ATTUALI malattie planetarie più importanti sono 2: quella legata alle risorse alimentari e quella legata ai consumi energetici (che a loro volta portano all’aumento delle differenziazioni di classe ed all’aumento della spesa sanitaria). Questo è dovuto al fatto che UNA PORZIONE DI POPOLAZIONE MONDIALE SI STIA AVVICINANDO AL “MODELLO OCCIDENTALE”.
Esempio: nel 1965 un uomo in Cina mangiava 9 kg di carne l’anno, nel 2005 è arrivato a mangiarne più di 55 kg l’anno.

La cosa che ci interessa arriva adesso. Una fetta di popolazione mondiale si sta avvicinando al modello occidentale e ci troviamo dinnanzi a dei problemi come quelli sopra citati. Cosa potrebbe succedere se la maggioranza della popolazione mondiale dovesse agire come insegna il modello occidentale? Il compito pratico della sociologia non è studiare la società; il compito della sociologia, intesa come scienza, è proprio quello di riuscire a PREVEDERE. Prevedere come prevenzione; prevenire per non curare. Dunque siamo qui per questo. “Il dominio del più forte sul più debole è un fatto naturale” [Platone]

Durante il mio percorso di studi nel liceo delle Scienze Sociali, ci è stata ben insegnata la differenza tra natura e cultura. In natura dunque, come dice Platone e come ci dimostra la storia, il più forte ha dominio sul più debole; dal leone che mangia la gazzella fino ai Romani che conquistarono mezzo mondo o il dominio dei bianchi “avanzati” sui popoli neri. In cultura si è utilizzato lo stesso canone. La supremazia del migliore (più forte), detta anche meritocrazia, fa parte di ogni aspetto sociale, a parte le varie eccezioni (esempio: le raccomandazioni). Piano piano rischiamo anche di perdere la meritocrazia in nome del “siamo tutti uguali”, ma questo è un altro discorso.

Dunque, sin dall’uomo bianco l’Europa ha mostrato di essere “più forte” a livello naturale. Ora però c’è da tenere presente che nell’ultima battaglia armata, ad uscire vincitore è stato il “nuovo mondo”; gli ultimi arrivati, quelli appunto che rappresentano il sopra citato OCCIDENTE. Fatto sta che il dominio fisico di quest’ultimi ha portato il nostro continente ad entrare a far parte del cosiddetto occidente (sia dal punto di vista militare, economico e politico, sia dal punto di vista mentale e quasi “spirituale”). Le differenze tra la società di una nazione europea e quella statunitense sono quasi impercettibili agli occhi di un non-occidentale. Già la fondazione stessa degli Stati Uniti d’America è l’espressione perfetta del dominio del più forte sui popoli nativi, stesso dominio che ritroviamo nella schiavitù e poi nella vittoria del nord contro il sud.

Gli U.S.A. dichiararono l’indipendenza alla corona inglese nel 1776 (il famoso 4 luglio). Ben 2529 anni prima nacque Roma. Circa mille anni prima di Roma, nacque il paese in cui vivo: Lanuvio. Qui vi è nato il culto della dea Giunone Propizia (Iuno Sospita, sorella e moglie di Giove). Esatto, 3mila e mezzo anni prima della nascita degli Stati Uniti, qui già si aveva una spiritualità e si costruivano templi , ci si sposava, si donavano fiori e cibo alla propria divinità. Si viveva in armonia con la natura ed ora il modello occidentale ci dona una vita di smog, immondizia, inquinamento di ogni tipo, mari inquinati, petrolio. Giunone era la divinità che proteggeva gli animali, teneva stretti i matrimoni ed assisteva le donne durante il parto. Oggi cosa abbiamo? Animali nelle gabbie, matrimoni che durano tre anni, aborto.

All’inizio dell’articolo ho detto che l’intenzione primaria era quella di intitolarlo “Impariamo dagli altri”. Questo perché, pensando a tutto quello detto in precedenza riguardo le malattie planetarie, la prima cosa che mi è venuta in mente è stato il libro “Lezioni spirituali per giovani Samurai” di Yukio Mishima, scrittore giapponese che nella americanizzata Tokio del dopoguerra, il 25 novembre del 1970 si tolse la vita con tradizionale rito giapponese (seppuku) per riscattare l’onore del Giappone, minacciato dalla democrazia e dalla “occidentalizzazione”. Ebbene però noi stessi, la nostra storia, cultura, i valori dell’Europa tutta, siamo lo specchio del “Giappone, paese della storia e delle tradizioni che amiamo” (dal discorso di Mishima prima del suicidio).

Basti pensare che i diritti dell’uomo cui si fa tanto garante il modello occidentale, non sono nient’altro che un’evoluzione del diritto romano e le “missioni di pace” attuali non sono nient’altro che una malriuscita imitazione della Pax romana, con la differenza che mentre i romani erano spinti da una spiritualità secondo cui uomini e divino fanno parte dello stesso mondo, gli occidentali non sono nient’altro che spinti dalla sete di potere e denaro. Queste sono le cause principali della differenza, prova ne sono il fatto che la Pax portava pace, legge e diritto nel mondo (lasciando ad esempio i municipi indipendenti e la libertà di religione) mentre i domini occidentali sfruttano le risorse dei popoli altrui e ad essi dobbiamo la creazione di un terzo mondo affamato e moribondi, senza beni primari né cure (oggi si arriva a parlare persino di un quarto mondo, senza nemmeno risorse naturali).

E’ importante parlare della spiritualità romana perché (così come tutte le visioni pre-cristiane), dal momento in cui si vive nello stesso mondo in cui vive il divino, c’è rispetto di esso ed armonia con tutto ciò che è naturale (poiché tutto è espressione del divino ed ogni entità possiede un’anima). Mentre dal momento in cui la tradizione monoteista ha diviso il mondo naturale da quello divino, gli uomini non devono rendere conto a Dio di ciò che fanno alla natura (esempio: inquinamento) o agli altri esseri viventi (che per i monoteisti sono stati creati da Dio a disposizione dell’uomo che è l’unico a possedere un’anima).

Gandhi disse “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. Ecco, è qui che dobbiamo e possiamo agire, ognuno dentro di sé. Piuttosto che lamentarci, che fare i finti moralisti, ogni giorno che ci svegliamo ed apriamo la finestra, dobbiamo ringraziare il Sole che ci scalda e l’albero che ci da ossigeno, vedere il portafogli come un recipiente per della cartastraccia che ci serve come mezzo e non come fine, vivere con lo scopo di essere brave persone in pace con sé stesse piuttosto che con quello di essere ricchi di beni materiali.

Il “ritorno” alla tradizione non significa tornare indietro, significa anzi andare avanti senza cambiare strada, continuare sulla nostra, su quella dei nostri avi, su quella del coraggio di chi andava a morire per la propria terra piuttosto che su quella di chi uccide per invadere la terra altrui. Tornare alla tradizione significa smettere di correre sempre indaffarati, imparare a controllare il proprio respiro, apprezzare i piccoli gesti, amare la natura, rispettare il prossimo, onorare la parola data, essere buoni anche con chi non conosce bontà. Una volta, in un incontro spirituale, un anziano mi disse “Non è sbagliato prendere la macchina, è sbagliato però dimenticare come si va a cavallo”.

In una società ove siamo ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo, travolti da un’ondata devastante di fast-food, mode, bugie, disonestà ed affarismo, essere sé stessi ci renderà ribelli e dunque liberi.
Donate un fiore alla vostra donna e ditele che quando lo avete colto avete pensato a come potesse essere bello il suo colore accanto ai suoi occhi, piuttosto che regalarle qualcosa alla moda per non farla sentire diversa dagli altri. Cosa volete, una come le altre? Donate un libro ad un amico che gli apra la mente piuttosto che un aggeggio tecnologico che gliela offuschi.

Piuttosto che una critica, donate un sorriso a chi vi sta accanto.
Piuttosto che fumare marijuana, per rilassarvi fate della sana meditazione. Ecco, quando saprete gestirvi a livello mentale piuttosto che fisico, quando capirete che voi siete anima e non corpo, avrete già vinto.

                                                             SIMONE BALESTRO

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