(Immagine tratta dal sito: Wikipedia.org) |
Si tratta di Julian Beever, l'artista britannico che ha reso la sua grande passione, un vero e proprio business, attraverso il quale riuscì a finanziarsi i viaggi in USA, Australia ed Europa. Beever riuscì a richiamare l'attenzione dei passanti, inizialmente rappresentando personaggi famosi. Fu successivamente, che le sue rappresentazioni pavimentali divennero più complesse ed interessanti, tanto da concedergli i primi incarichi commerciali a partire dalla prima metà degli anni '90 e, di conseguenza, di esportare le sue opere in 28 paesi. Il nostro amato artista britannico, che in Italia verrebbe definito un "madonnaro", crea disegni trompe-l'oeil con il gesso su pavimenti e marciapiedi.
Il trompe l'oeil ( dal francese "inganna l'occhio") è un genere pittorico di cui si trovano tracce già nell'antica Grecia e nella società romana, ma l'espressione si affermò soltanto nel periodo barocco fino ad espandersi in era contemporanea. Si tratta di una tecnica che, attraverso espedienti pittorici, induce lo "spettatore" ad avere l'illusione di osservare oggetti reali e tridimensionali, in verità, dipinti su superfici bidimensionali. Nel particolare si tratta di disegnare oggetti talmente reali da far passare in secondo piano la superficie sulla quale vengono rappresentanti.
Più nello specifico, si può parlare di ANAMORFISMO (dal greco: "forma ricostruita"), ossia un effetto di illusione ottica per cui l'immagine viene proiettata sul piano in modo distorto, rendendo l'oggetto visibile solo guardandolo da una determinata prospettiva. Ciò che, così contraddistingue le opere di Julian Beever, è un superbo utilizzo della tecnica chiaroscurale; una conoscenza approfondita delle regole prospettiche; un'accurata alternanza di luci ed ombre. Se ci si pone in corrispondenza del punto di fuga, le finte decorazioni architettoniche sembrano prender vita e staccarsi dal pavimento, come se ci fosse una realtà parallela.
Tali opere sembrano essere una continuazione della "Camera degli Sposi" di Andrea Mantegna nel Palazzo Ducale di Mantova o della "Cappella degli Scrovegni" di Giotto a Padova: sembra soltanto cambiare il piano di pittura. Vi è, però, la stessa esigenza di profondità; la medesima impalcatura prospettica; la stessa attenzione per gli ambienti, quasi come ci si trovasse catapultati su un palcoscenico, con delle vere e proprie quinte a far da cornice.
Ma, se ci si pensa un attimo, la stessa dinamica accade al cinema o al teatro: il voler rappresentare una scena o, ambienti più profondi su una superficie piatta. Cosí, Julian Beever, sembra unire tutto: pittura, spettacolo, studio della grafica. L'innovazione sta però nel voler rappresentare un pensiero (come fanno tutti gli artisti) ma senza "intrappolarlo" né in uno spazio come in teatro; né in un pc come accade per i grafici; nè in una tela come in pittura; né, infine, in uno schermo come accade al cinema. Egli rende congetture mentali, VIVE, proiettandole nella realtà stessa.
Questo è FARE arte contemporanea.
Non è ideologia celata dietro l'incognito, raffigurato dall'opera, bensì, è amore per il bello che si unisce al gusto per ciò che è innovazione.
GIOIA CAPRERA
Nessun commento:
Esprimi la tua opinione
Gentile lettore, puoi manifestare liberamente la tua opinione, ma ricorda che tutti i commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti ed approvati, per proteggere il sito da eventuale spam. E' necessario usare un linguaggio consono ed evitare offese, frasi volgari e diffamazioni delle quali la nostra associazione NON E' RESPONSABILE. Per proporre articoli, chiedere informazioni sulle nostre attività ecc. contattaci inviando una mail a vis.sapientia@gmail.com