"Pronto, buonasera/buongiorno! Mi chiamo Anna e chiamo per conto dell'istituto x..”. Molto spesso la “conversazione” viene interrotta esattamente in questo momento. Quante volte ci è capitato di sentir squillare il nostro telefono di casa, alzare la cornetta e sentire dall'altra parte un operatore telefonico che vorrebbe offrirci un vantaggiosissimo contratto per le nostre utenze, oppure vorrebbe intervistarci per compiere indagini di mercato?
“..Anche in ragione della loro giovane età, gli occupati nei call center presentano un livello d'istruzione più alto della media: i due terzi possiede un diploma e, soprattutto, più di un quinto ha un titolo universitario”. Così il direttore del dipartimento conti nazionali dell'Istat, Roberto Monducci, in occasione di un'audizione sui call center presso la commissione Lavoro della Camera. La forte presenza di lavoratori che possono contare sul famoso “pezzo di carta” è quindi anche dovuta alla giovane età dei dipendenti del settore, basti pensare che il 39% degli occupati totali nei call center ha meno di 30 anni. Tracciando l'identikit dell'addetto al call center, emerge il tratto femminile, il 71% è donna.
Fonte Istat 12 giungo 2014
Quali sono le premesse per chi si approccia con questa tipologia di lavoro? Provvigioni facilmente raggiungibili e premi carriera per i più meritevoli. “Il film si basa su testimonianze reali”, così commentava Paolo Virzì, regista del film “Tutta la vita davanti” (2008), ed è così che molto spesso la realtà supera la fantasia e l'illusione del guadagno facile ci rende miopi. La fotografia del lavoro intellettuale e creativo che ne esce fuori ritrae un'immagine sfocata, dove i contorni del lavoro si mischiano tra le fitte maglie delle "collaborazioni mal pagate o pagate in nero". In questa immagine la messa a fuoco che colpisce è sulla mancata corrispondenza di un lavoro equamente retribuito a coloro che hanno le competenze professionali per svolgere quello stesso lavoro rispetto a chi non ha competenze e percepisce un salario sovrastimato.
In sintesi: chi sa fare fa e non viene pagato, chi non sa fare fa e viene pagato. Questa è la triste realtà con cui dobbiamo forzatamente convivere, sperando che sia per poco. A farla da padrone in questo settore sono i committenti, quelle società pubbliche o private che ogni tre anni circa rinnovano il contratto con le società proprietarie dei call center, affrontando una gara al massimo ribasso che permette agli operatori di call center di mantenere il posto di lavoro “finché appalto non li separi”.
Curiosità: Camerino (MC) – Istituito nel 2009 dall’allora Ministro On. Mariastella Gelmini per agevolare l’incontro tra università e mondo del lavoro, il Corso di Laurea in Operatore di Call Center ha durata quadriennale e prevede lo studio approfondito di molteplici discipline: dall’italiano alle lingue straniere (per comunicare in modo appropriato con clienti di tutto il mondo), dalle telecomunicazioni all’elettronica (per conoscere e sfruttare al meglio le caratteristiche delle cuffie e dei sistemi telefonici computerizzati), dal marketing alla psicologia (per convincere efficacemente gli interlocutori ad acquistare prodotti o servizi e affrontare con successo le loro lamentele).
Ma per quanti ragazzi l'alternativa call center è realmente presa in considerazione e quanti invece la considerano come extrema ratio?
Pensieri a confronto:
“Sono laureato/a, non lavorerò MAI in un call center!”.
“Sono laureato/a, considero la possibilità di lavorare in un call center per guadagnare dai 400 agli 800 euro, che saranno comunque pochi, ma almeno riesco a coprire alcune delle spese che sostengo ogni mese. Ovvio che in futuro vorrei lavorare nel mio campo di indirizzo, ma io comunque continuo a cercare!”.
Possiamo notare l'abisso che può esserci tra queste due pensieri. Ma allora dove inizia la nostra voglia di entrare nel mondo del lavoro e dove finisce la volontà di cercarne uno che possa permetterci di essere indipendenti?
Per molti giovani, il loro lavoro attuale non riflette la professione che si è sempre desiderato fare, per la quale magari è stata conseguito un diploma di laurea, bensì un’attività che riempie la propria giornata e per la quale viene corrisposto un salario. Se questo è vero, come può allora rendere indipendenti lo svolgimento di un'attività che si, può tarparci le ali, ma allo stesso tempo ci permette di essere protagonisti invece di semplici spettatori farfuglianti? La soluzione sta in una giusta dose di know how e di ambizione che potrebbe permetterci di arrivare in futuro al tanto agognato lavoro dei nostri sogni, senza necessariamente escludere ogni tipo di possibilità lavorativa perché, come affermava Darwin: “Il lavoro nobilita l’uomo e lo rende libero”!.
GIORGIA CIACCIO
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