“FuoriRotta. Diari di viaggio”: intervista con Andrea Segre



Martedì 14 aprile la sala cinematografica Apollo 11, nei pressi di Piazza Vittorio Emanuele, ha ospitato in anteprima nazionale la presentazione del libro “FuoriRotta. Diari di viaggio” del regista e documentarista Andrea Segre.

L’evento è stata l’occasione per scambiare due chiacchiere con il regista e porgli qualche domanda in merito al progetto FuoriRotta:


-Rinnovandoti nuovamente l’entusiasmo per il progetto, già espresso nel mio precedente articolo, volevo chiederti se durante i tuoi viaggi avevi già in cantiere l’idea di un libro che potesse racchiudere i tuoi scritti o se la cosa è nata in un secondo momento.

No, assolutamente. Io ho sempre sentito la necessità ogni tanto di avere il tempo di fermarmi e scrivere quello che sentivo, non per i posteri ma per me stesso. Quello che sapevo è che ci sarebbe stato un me stesso più tardi che avrebbe avuto piacere di fermarsi e ripercorrere quelle memorie, quindi io scrivevo per un pubblico privato, mio,futuro. Mia mamma poi diceva che io ero malato, grafomane, che scrivevo troppo, ecc però sono contento di averlo fatto perché con questi quaderni scritti a mano ho regalato al me futuro il tempo di vedere quello che avevo vissuto.


-Tra tutti i posti i in cui sei stato durante i tuoi viaggi, c’è uno a cui sei legato in modo particolare?

Per me il posto più importante è stato Valona a cui ho dedicato il retro della copertina del libro, forse perché è stato il mio viaggio veramente altro. La cosa che più mi ha colpito di Valona era che tutti avevano questo nome in bocca perché la nave che arrivò nei primi anni ’90 si chiamava Valona, perché era la città che stava aldilà, dietro Brindisi però nessuno sapeva niente. Io quando sono arrivato a Valona che era veramente un viaggio di sette ore, meno che andare in Sardegna, quando sono arrivato a Valona ho detto cazzo io sono appena aldilà di un mondo altro che io non conosco. Quella è stata l’esperienza più formativa per me. Non ero andato dall’altra parte del mondo, non ero andato in profonda Asia o in mezzo all’Africa,avevo appena attraversato un pezzo di nave grande quanto un lago, però era un altro mondo. Questo è il cuore di FuoriRotta. Non devi andare lontano, anzi ci siamo detti che cercheremo di sostenere soprattutto i progetti che non cercano l’altro. In Perù, è ovvio che in Perù ci sia l’altro.


-Passando ai tuoi lavori cinematografici, nel tuo documentario “Come il peso dell’acqua” riferendoti ai migranti utilizzi l’espressione “orfani del mondo”.Non potremmo definirci tutti degli orfani del mondo?Orfani di un governo che ci ha lasciati in balìa di un alto degrado politico e morale e anche di un non diritto al viaggio. Tu stesso parli di un non diritto al viaggio, a pochi oggi è concesso il diritto di viaggiare davvero, paradossalmente anche se viviamo in un mondo globalizzato …

Si, il mio papà mi raccontava che la generazione dei nostri genitori ha fatto viaggi che oggi non sono più possibili, per assurdo. Noi possiamo andare nel mondo globalizzato se stiamo dentro alle rotte preconfezionate, andiamo dappertutto ma appena cerchi di uscire un po’ dalla rotta ti dicono subito che è pericoloso e a tratti, a volte, è anche molto pericoloso. C’è tutto un altro pezzo di umanità che il viaggio non può proprio farlo, allora quella che si chiama la globalizzazione delle merci ma non la globalizzazione dei diritti è così che diventa molto chiara quando rifletti su questo, no? Abbiamo costruito un mondo per cui tutti abbiamo lo stesso tipo di telefonino, lo stesso tipo di salotto in casa ma non abbiamo gli stessi tipi di diritti all’esperienza di vita. Allora il suggerimento di andare fuori rotta è il suggerimento di non accettare quello che ti dicono essere il tuo orizzonte omologato ma di provare a individuare le differenze che non ti permettono di conoscere. Un viaggio fuori rotta potrebbe essere andare a incontrare tutti quelli che non possono viaggiare, così capisci che cosa vuol dire viaggiare. Insomma sono molto d’accordo con Goffredo sul pericolo che ha generato Cetim e tutto quel mondo lì, dell’idea esotica del viaggio verso mondi altri. FuoriRotta è tutt’altra cosa, non è quello.


-In chiusura del progetto FuoriRotta, è previsto come finale la raccolta di tutte le esperienze di viaggio dei partecipanti?

Si alla fine a tutti quelli che viaggeranno noi chiediamo un’unica cosa in cambio, a quelli che finanzieremo e aiuteremo ed è in qualche modo raccontare il proprio viaggio che non significa fare un documentario,assolutamente,significa trovare uno strumento coerente con il viaggio per riportare l’esperienza dello stesso e può essere la scrittura, la fotografia,ecc.


-Dopo la presentazione in anteprima nazionale del tuo libro qui all’Apollo 11, partirai in tour per presentarlo nel resto delle città italiane..

Si, adesso da venerdì 17 fino all’8 Maggio vado in ventitré città italiane a presentare il libro e il progetto e a sollecitare ventenni perché se ne escano di casa.

Libro di cui alleghiamo la copertina


Giusto, direi che è anche ora! Grazie mille per l’intervista e a presto.

Grazie a te, a presto.

                                                                      YLENIA ROMANAZZI



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