GIUSTIZIA O INGIUSTIZIA: omicidio di Meredith Kercher


In questi ultimi giorni l ‘attenzione dei vari mass madia è stata ampiamente rivolta all’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher. Questo  perché dopo ben otto anni, il 26 aprile 2015, era prevista la sentenza definitiva di questo che è stato definito dagli esperti come una lunga saga giudiziaria. La Cassazione ,che è l’organo giudiziario ad avere l ‘ultima parola , si è pronunciata a sancendo l’assoluzione ai due dei tre indagati: Amanda Knox,la studentessa americana di Seattle e Raffaele Sollecito.

Questa faccenda ha scatenato le più svariate polemiche e critiche dovuti anche alle profonde differenze dei rispettivi ordinamenti giuridici dei tre paesi coinvolti , ovvero l’America, patria della Knox, l ‘Italia, patria di Raffaele Sollecito e l’Inghilterra, patria della vittima Meredith Kercher. Esaminiamo attentamente la vicenda per cercare di capire cosa abbia portato la Cassazione a pronunciare questa sentenza. Riassumendo il fatto Meredith Susanna Cara Kercher, nata il 28 dicembre 1985 a Southwark, Londra, residente a Croydon, Londra, era una studentessa presso l'Università di Leeds, presso la quale frequentava il corso di laurea in Studi Europei.

Meredith aveva aderito al programma Erasmus, ed era giunta in Italia nel settembre 2007 per completare il corso. La notte del 1° novembre 2007 la ragazza inglese è stata ritrovata nell’appartamento che condivideva con altra ragazze (assenti, la notte dell’omicidio) con la gola tagliata da un oggetto appuntito. La morte, secondo l ‘autopsia, è giunta dopo qualche ora di agonia, a seguito di un’emorragia dovuta alla ferita alla gola. 


Piantina della casa dell'omicidio


I poliziotti, allertati da una vicina di casa della vittima,  trovarono all'esterno della casa, seduti su una staccionata, Amanda Knox, coinquilina statunitense di Meredith Kercher, e il suo amico italiano, Raffaele Sollecito, con il quale la Knox aveva iniziato una relazione sei giorni prima. I due giovani dichiararono di essere in attesa dell'arrivo dei carabinieri, chiamati da Raffaele Sollecito con due telefonate successive (ore 12:51 e ore 12:53), asserendo che, avendo trovato il vetro di una finestra rotto e la porta di casa aperta, avevano sospettato un furto. Allarmati per la presenza in bagno di alcune tracce ematiche, constatando l'assenza di Meredith e la chiusura della porta della sua camera,  i carabinieri sfondarono la porta e venne rinvenuto il cadavere della ragazza, quasi interamente coperto da un piumone.

Il 5 novembre Amanda Knox viene portata in questura per essere interrogata come testimone, e solo in seguito viene formalmente accusata del delitto assieme a Sollecito e Patrick Lumumba, un barista dove Amanda lavorava. Raffaele Sollecito, che aveva chiamato i carabinieri, si presenta spontaneamente in questura come persona informata per rilasciare la sua dichiarazione, ma viene trattenuto come testimone, poi come indagato, venendo fermato e arrestato assieme alla Knox. Gli interrogatori iniziali non furono registrati e non fu presente nessun avvocato, nemmeno durante le ore seguenti. Ciò è contrario alla legge, che impone la registrazione e la presenza del legale, a meno che il sospetto non voglia rendere dichiarazioni spontaneamente e in piena libertà.

Nel caso venne inizialmente coinvolto anche Patrick Dija Lumumba, proprietario del locale dove lavorava Amanda Knox; secondo dichiarazioni di quest'ultima, dimostratesi poi false, egli si sarebbe trovato nel luogo del delitto la sera dell'omicidio. Le accuse si sono successivamente rivelate infondate e la testimonianza inattendibile. Il rapporto tra Amanda e Lumumba non era buono, secondo la testimonianza di Lumumba e altri: Amanda Knox avrebbe infatti lavorato nel locale di lui per essere presto licenziata a causa di comportamenti troppo disinvolti con la clientela. Patrick Lumumba è stato successivamente rilasciato e prosciolto da ogni accusa, in quanto aveva un alibi (era in compagnia di un amico, un professore svizzero) e non furono trovate sue tracce nella casa. Per questa calunnia Amanda Knox è stata condannata in primo grado a un anno di carcere, pena incrementata a tre anni di reclusione dalla corte d'appello.

Durante l ‘interrogatorio Amanda descrisse una presunta scena di omicidio come una "visione di sogno", dagli inquirenti attribuita alla droga; la Knox ha ritrattato in seguito quelle dichiarazioni. Knox, Sollecito, e l’uomo innocente da lei coinvolto, furono tutti subito arrestati. Alla conferenza-stampa il capo della polizia annunciò la chiusura del caso. Amanda e Raffaele  assieme a Lumumba vengono condotti in carcere. In seguito al rilascio di Lumumba, viene sospettato e poi arrestato Rudy Guede.
I tre indagati avranno due procedimenti distinti, che come sappiamo hanno portato l’assoluzione di amanda e raffaele sollecito e la definitiva condanna di Rudy Hermann Guede.

Quest’ultimo  ,arrivato in Italia molto giovane con il padre Roger, musicista, venne affidato nel 2004 alla famiglia di Paolo Caporali, imprenditore perugino, proprietario della Liomatic s.p.a. (azienda di macchine per caffé dell'indotto Lavazza) e patron di una squadra locale di basket, dove Rudy giocava; in seguito ai ripetuti furti sarà cacciato di casa poco dopo dal padre affidatario, allo scadere della maggiore età. Arrestato in Germania il 20 novembre ed estradato in Italia il 6 dicembre 2007. Guede si sta per laureare in Lettere in carcere e potrebbe ottenere la semilibertà già nel 2016.

Knox, Sollecito e Guede vengono rispettivamente condannati a 26, 25 e 16 anni di reclusione. I legali di Amanda e Raffaele proposero subito ricorso. Il 3 ottobre 2011, alle ore 21:43, la Corte di Assise di Appello di Perugia, presieduta da Claudio Pratillo Hellmann, ha assolto con la formula di non aver commesso il fatto entrambi gli imputati dalle accuse di omicidio e di violenza sessuale, e per insussistenza del fatto dall'accusa di simulazione di reato, e ne ha ordinato conseguentemente la scarcerazione immediata.
Amanda Knox ha lasciato l'Italia diretta a Seattle il 4 ottobre 2011 alle ore 11:45 facendo scalo proprio nel Regno Unito.

La sentenza si è basata sulle nuove perizie, già richieste ma non concesse in primo grado, che avrebbero escluso la certezza della presenza di Knox e Sollecito sul luogo del delitto in quelle ore, mancando prove genetiche certe. Infatti, i periti Carla Vecchiotti e Stefano Conti, hanno smentito le perizie del primo grado e dichiarato che i rilievi furono fatti in ambiente che poteva essere già stato contaminato geneticamente: quindi gli avvocati della difesa si sono lamentati per gli errori della polizia scientifica e per il diniego a nuove perizie della corte giudiziaria di primo grado. Non vengono trovate tracce di Knox e Sollecito, nonostante il pavimento non sarebbe stato pulito, vista la presenza di sangue, e impronte attribuite alla vittima e a Guede.

Al centro del contendere, il presunto DNA della Knox e di Meredith sul coltello da cucina di Sollecito: secondo i periti d'appello, tale DNA non ci sarebbe, mentre secondo l'accusa sarebbe presente; altri periti affermarono la sola presenza del DNA della Knox che avrebbe usato il coltello per cucinare a casa di Sollecito. Il presunto DNA di Sollecito sul gancetto del reggiseno (inizialmente attribuito al fatto della biancheria forse scambiata tra Meredith e Amanda) - spostato e calpestato, poi repertato circa 47 giorni dopo, quando la scena del crimine era rimasta parzialmente incustodita e in parte anche ripulita, oltre che inquinata da molte persone che si aggiravano senza le dovute precauzioni - è spiegato come contaminazione accidentale, forse ad opera della stessa polizia scientifica, o come errore, data la presenza di diversi DNA e la scarsità di materiale genetico, che rendeva il profilo compatibile con moltissimi soggetti maschili e non solo con Sollecito, e mancando quindi la perfetta coincidenza. Questo porta all'esclusione della prova come falsa, come nel teorema difensivo, facendo cadere le accuse a Sollecito.

Tuttavia la vicenda si preannunciava tutto fuorchè conclusa. Infatti, la Procura Generale della Repubblica di Perugia ha proposto poi il ricorso per Cassazione ,il  14 febbraio 2012, con un atto di 112 pagine, ricorso rivolto contro la Corte d'Assise d'Appello, colpevole di gravi errori logico-giuridici, riconducibili  alla visione parcellizzata delle prove e all'utilizzo dei soli aspetti che potessero rafforzare le argomentazioni difensive, con completa obliterazione di quegli aspetti che collimavano con l'ipotesi accusatoria. Inoltre, la Procura Generale di Perugia ha contestato il fatto che la contaminazione dei reperti fosse stata considerata solo possibile in astratto ma che non fosse stata mai provata.

In oltre  anche la famiglia Kercher ha impugnato la sentenza d'appello, chiedendo la condanna degli imputati anche per i reati per i quali era intervenuta l'assoluzione, in particolare per l'omicidio di Meredith.
La Corte di Cassazione ha accolto i motivi di ricorso della Procura Generale di Perugia, a partire dal nesso tra la calunnia per la quale la Knox è stata definitivamente condannata e l'omicidio, per finire alla smentita delle prove disposte nel processo d'appello e alla loro acritica condivisione da parte dei giudici di secondo grado.
Sollecito e Knox affermano di nuovo la loro innocenza; il giovane afferma di sentirsi parte di una situazione kafkiana.

Tuttavia gli avvocati di Knox e Sollecito, a seguito di un altro procedimento giudiziario che vedeva coinvolta,  però, la Procura Generale di Firenze, presso la quale le indagini erano state trasferite ,per una maggiore obiettività, hanno depositato il ricorso in Cassazione il 16 giugno 2014, chiedendo l'annullamento della sentenza senza rinvio.
Questo equivale all'assoluzione per i loro clienti e al ripristino della verità emersa nel primo processo d'appello, o perlomeno un terzo appello. I legali di Sollecito, oltre a ripresentare gli argomenti della contaminazione accidentale, dell'impossibilità di cancellare ogni traccia lasciando solo quelle di Guede hanno affermato che nei minuti dell'omicidio (separando per la prima volta la posizione di Sollecito da quella di Amanda) o perlomeno dalle 21,00 alle 21,30-22,00, il giovane ingegnere era al computer a guardare un film d'animazione, come dimostrerebbe una schermata del PC. Quest'ultima prova non era mai stata presentata prima d'ora.

La sentenza del 27 marzo 2015, con la quale la Cassazione  ha sancito la fine di questa intricata vicenda,  ha assolto dall'accusa di omicidio Sollecito e Knox, cassando il giudizio d'appello e accogliendo la richiesta della difesa di annullamento senza rinvio, con la Knox che vede confermata, in via definitiva, la condanna a 3 anni per calunnia nei confronti di Lumumba, già scontati. Su questa sentenza si sono scatenati i più disparati commenti tra i quali vale la pena citare  il celebre penalista Alan Dershowitz , il quale afferma che la condanna di Amanda sarebbe stata fondata, anche nel sistema giudiziario americano.


In una intervista concessa al quotidiano romano Il Messaggero , infatti,il principe del foro newyorkese sostiene che i sospetti sulla Knox avevano buone radici probatorie, e che per lo meno l'accusa di diffamazione contro di lei era pienamente meritata. L'esito della causa era dunque in bilico e non a caso lo è rimasta fino all'ultimo secondo prima del verdetto della Corte di Cassazione.La fortuna dell'imputata è stata quella di ricevere dal sistema giudiziario italiano un numero di opportunità di riesame che negli Stati Uniti non avrebbe mai ottenuto.

Dershowitz è dell'avviso che se fosse stato aperto, come invece non è accaduto, un dibattito sulla estradizione di Amanda Knox in Italia, la soluzione della vicenda «sarebbe passata non per la strada del diritto, ma per quella della diplomazia». Il giurista newyorkese sostiene che Italia e Stati Uniti fossero sostanzialmente d'accordo per trovare in quell'eventualità «la strada più agevole per entrambi i Paesi».
«Se l'Italia avesse voluto imprigionare Amanda Knox - argomenta Dershowitz - sarebbe stato semplice: il ministero della Giustizia avrebbe chiesto l'estradizione e il Dipartimento di Stato americano sarebbe stato obbligato a concederla». Questo perché non c'è nel trattato sull'estradizione che gli Stati Uniti hanno firmato alcuna base giuridica per tirarsi indietro in questo singolo caso. Ma c'erano invece ragioni politiche per evitare questa estradizione, «pressioni da parte consistente dell'opinione pubblica» che avrebbero messo in imbarazzo l'Amministrazione Usa «esponendola a un dibattito lacerante».
Tutto questo è stato evitato «dalla dinamica giudiziaria italiana, che ha giocato a suo favore». E Dershowitz non si straccia le vesti per gli anni di carcere trascorsi comunque dalla Knox: «Ricordiamoci che ha tentato di metter nei guai un innocente».
A conclusione di questa esposizione risultano evidenti alcuni elementi che inducono a rilevare svariati errori nello svolgimento delle indagine, nel reperire prove e ascoltare i testimoni. È da tener presente anche il forte pressing mediatico, soprattutto da parte dei mass media americani, del tutto convinti dell’innocenza della loro concittadina.

Esaminando questa sentenza e aspettando che la cassazione depositi le motivazione attraverso le quali sarà possibile capire il perché della loro decisione è possibile costatare come i due ragazzi assolti possano ora dirsi innocenti ( in quanto proprio quest’ultima e definitiva sentenza della cassazione li dichiara tali) ma non estranei ai fatti. Quello che si è svolto è un giudizio indiziario vale a dire un procedimento dove dei giudici sono chiamati a decidere di un fatto  valutano non la presenza o meno di indizi,( se non ce ne fossero ovviamente il processo non sarebbe aperto invano), ma se questi sono o meno sufficienti a determinare con precisione esattezza e oltre ogni ragionevole dubbio se un soggetto sia colpevole o meno.


Per il momento in attesa di sapere se le motivazioni della decisione che la Cassazione depositerà entro 90 giorni dobbiamo ricordare tutti che qui di vittima vera ce ne è una sola e che a lei nessuno restituirà più la vita: Meredith Kercher. 

                                                           ELEONORA RECH

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