LIBRO DELLA SETTIMANA: "C'era una volta un giudice" di Pasquale Adorno


Un superficiale legislatore ha preteso che i giudici fossero onniscienti, onnifacenti, onnipresenti. Questo ha determinato che i più scrupolosi, gli umili e i laboriosi considerassero questo fattore negativo come una croce in più da aggiungere alle altre che già avevano. Per converso, gli spregiudicati, i megalomani, i frustrati l'hanno recepito in maniera abnorme, considerandosi anche onnipotenti, disconoscendo la sovranità popolare e la funzione del legislatore. I comportamenti sopra le righe si sono, così, moltiplicati: con sciatterie, sprechi, privilegi e soprattutto con sentenze inaccettabili. 

E quanti, poi, sono tentati dal deprecabile sistema del "lasciare andare" o del "chi te lo fa fare"? Pigrizie, scetticismi, egoismi, frizioni caratteriali, lotte per il potere. Troppi Don Rodrigo che tramano, troppi Don Abbondio che tramano, troppi Merovingi che oziano, troppi praticoni che arruffano. La società rivuole un magistrato che pensa, riflette, medita in silenzio, nel sacrario della propria coscienza e che lavora per dare a ciascuno il suo. Sordo ai clamori della follia, fermo nelle minacce e nelle lusinghe, contrario alle apparenze e alle esibizioni, alieno dagli estremismi verbali e comportamenti: integro, rigoroso, trasparente, soggetto soltanto alla legge.

FONTE: Libro "C'era una volta un giudice" di Pasquale Adorno


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