Da qualche tempo ormai è venuto alla luce che a tirare i fili dell’economia mondiale, e quindi anche della politica, vi sono in maniera abbastanza evidente le banche. Esse prestano grosse somme di denaro sia agli stati che alle imprese venendo ripagate da grassi interessi su tali somme, spesso anche a tassi usurai.
Le radici del sistema usurocratico attuale possono ricondursi all’Italia del XI secolo, ossia l’epoca delle repubbliche marinare. In tale periodo la classe portante era la borghesia mercantile. Essa, per ovvie ragioni, aveva la necessità di spostare abbondanti somme di denaro senza l’impiccio e il rischio di portare altrettante grosse quantità di moneta. Per questa ragione nacquero i primi istituti di deposito: lo scopo era proprio quello di poter depositare il denaro e ricevere in cambio una lettera di garanzia che certificava il possesso della somma versata.
Per far sì che questo sistema funzionasse si diffusero delle filiali degli istituti di deposito in tutti i porti, così che i mercanti, una volta effettuato il viaggio, potessero ritirare la somma da loro depositata, ma presso un’altra filiale di tale istituto. Fu così che nacque il sistema bancario. Esso prese in maniera rapida il sopravvento: i mercanti, infatti, iniziarono a utilizzare le stesse lettere di garanzia come mezzo di scambio, dando luogo all’antenato della banconota; tali lettere però non possedevano un valore intrinseco al contrario della moneta, all’epoca ancora costituita da metallo prezioso.
Una volta affermatosi e diffusosi tale sistema tra tutta la popolazione, queste prime banche arrivarono a possedere una grossa quantità di oro, e le persone iniziarono a commerciare attraverso le prime banconote, che rappresentavano ognuna una frazione di tale quantità del metallo prezioso. Anche le stesse monete iniziarono ad avere un valore solo nominale, indi per cui non erano più costituite di un metallo prezioso, ma come le banconote rappresentavano solo una frazione della riserva aurea.
Ben presto gli istituti si accorsero che, statisticamente, solo una piccola parte dell’oro depositato veniva poi richiesto indietro, e iniziarono così ad utilizzare le loro riserve auree per i loro affari, stando però attente a non scendere sotto una certa quota. Gli affari appena citati consistevano principalmente in prestiti, allargando così le competenze di queste organizzazioni dal solo deposito alla concessione del credito. Le stesse banche assunsero un grande potere, tale da arrivare a prestare agli stessi stati delle somme di denaro.
A quel punto però stati e istituti strinsero un’ alleanza dalla quale nacquero le banche centrali. Tali banche danno del denaro allo stato che in cambio ne garantisce il monopolio della produzione e nella stampa. Gli istituti di credito centrali (come tutti gli altri inizialmente) furono obbligati a mantenere una certa quota di oro, in un primo periodo un decimo di tutto il denaro da loro emesso. Attraverso tale sistema banche “normali” e centrali creano del denaro dal nulla, che però, come oggi sappiamo fin troppo bene, viene ripagato dall’economia reale, dal nostro lavoro a dirla breve, impoverendo così tutto il sistema.
In questa maniera nasce l’inflazione, ossia più denaro, che inizia a valere di meno, ergo i prezzi si alzano. In realtà, spesso, durante i periodi di inflazione anche i salari aumentano; l’imbroglio sta nel fatto che nel mentre il nuovo denaro, prima di arrivare al sistema produttivo, passa da banche e stati che possono utilizzarlo liberamente in quanto in un primo momento dopo l’emissione l’inflazione è molto bassa.
Come se non bastasse con l’avvenire della prima guerra mondiale, in vista dello sforzo bellico, gli stati europei autorizzarono le banche centrali a rompere il rapporto di 1 a 10 che le vincolava nella stampa del denaro, mentre gli USA ruppero con questo vincolo solo nel 1971, per fare capo alle spese legate alla guerra del Vietnam. Come ultimo punto saliente di tale discorso resta il fatto che le banche centrali (e anche le altre), continuano a chiedere gli interessi sulle somme prestate, pur essendo state create dal nulla; al contrario però il denaro utilizzato per ripagare gli interessi sulle somme prestate proviene dai cittadini e dal loro lavoro, in questa maniera il sistema dell’economia reale ne esce ancora più impoverito.
E’ quindi fin troppo ovvio, sulla base di questi ragionamenti (semplificati al massimo per facilitare la comprensione del lettore) capire chi in realtà detiene il potere. Il sistema in Italia si è ancora più aggravatoin quanto oggi l’ente che stampa la nostra moneta non solo non è di proprietà dello stato ma è un ente sovranazionale, la Banca Centrale Europea. Essa stampa la nostra moneta che però non solo ci viene prestata ma per far si che la BCE invii quantità di denaro al nostro stato esse deve rispettare certi diktat, vedi le clausole per potere accedere al Quantitative Easing.
In tale maniera Draghi, presidente della BCE, è in grado di imporre a tutti gli stati della Eurozona le politiche economiche che egli decide. L’unica maniera quindi per poter al contempo sfuggire ai tentacoli del sistema bancario europeo e risanare la nostra economia a favore dei lavoratori rimane l’uscita dall’Euro e il ripristino della moneta sovrana, legata però in rapporto 1 a 1 a valori reali (siano pure oro, argento o proprietà), istituendo una banca centrale etica a controllo dello stato, e non come ora a controllo degli azionisti.
Ennesima riforma da attuare per la tutela del risparmio dei lavoratori sarebbe: il ritorno alla legge bancaria del 1936 che prevedeva la divisione tra banche di deposito, di credito e di affari e la distinzione di credito a breve, medio e lungo termine; seguendo così le proposte del premio Nobel Maurice Allais. Attraverso queste importanti riforme il nostro stato potrebbe allo stesso tempo tornare ad essere l’unico artefice della propria politica monetario-economica e tutelare i risparmiatori.
Difficilmente ciò sarà possibile con l’attuale classe politica. Del resto, come già constatato dal poeta americano Ezra Pound negli anni ’20 “I politici non sono altro che i camerieri dei banchieri”.
(di Pietro Ciapponi)
Nessun commento:
Posta un commento
Gentile lettore, puoi manifestare liberamente la tua opinione, ma ricorda che tutti i commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti ed approvati, per proteggere il sito da eventuale spam. E' necessario usare un linguaggio consono ed evitare offese, frasi volgari e diffamazioni delle quali la nostra associazione NON E' RESPONSABILE. Per proporre articoli, chiedere informazioni sulle nostre attività ecc. contattaci inviando una mail a vis.sapientia@gmail.com