Il prossimo 25 maggio gli italiani saranno chiamati
nuovamente alle urne per le elezioni del Parlamento Europeo. Tornata
elettorale, questa, che riveste un'importanza particolare rispetto alle
precedenti visto il clima di profonda precarietà che caratterizza lo scenario
politico italiano.
Non è un mistero, del resto, che negli ultimi mesi si sia
assistito ad un profondo sconvolgimento delle dinamiche intra-partitiche e
consensuali che ha trasformato la situazione politica italiana: l'ascesa di Matteo Renzi alla carica di Presidente del
Consiglio dei Ministri, ha costituito l'avanzare di un fenomeno inedito che
crea non poca indecisione tra l'elettorato; mai la politica italiana aveva
visto nel ruolo di leader del centro-sinistra non solo un personaggio così
giovane, ma neanche così moderato, il chè crea non poca confusione
nell'elettorato più politicizzato.
In effetti la tecnica comunicativa di Renzi, le sue modalità
di ricerca del consenso, il suo indirizzo culturale ed il suo modo di
affrontare il delicato equilibrio del Paese hanno molto a che fare con il ben
noto metodo berlusconiano, il chè denota una forte intenzione del Partito
Democratico di cercare consensi al di fuori della sua sfera elettorale di
riferimento.
Tale tentativo è rafforzato dalle contingenze relative al
centro-destra, che vive un periodo di forte smarrimento: negli ultimi due anni,
infatti, si sono succedute ben tre scissioni che hanno decretato la fine del
progetto aggregante di tutte le forze della destra di sistema italiana. Tale
condizione è rafforzata, senza dubbio alcuno, dalla parabola discendente di
Silvio Berlusconi, leader maximo del centro-destra, costretto all'interdizione
giudiziale dalle cariche pubbliche per due anni conseguentemente ai plurimi
illeciti commessi nel corso degli anni dallo stesso.
Considerando le intenzioni di voto pubblicate settimanalmente
dall'agenzia Swg, il PD si conferma il primo partito italiano con il 34% dei
consensi, il M5S (anch'esso rafforzato relativamente dal ridimensionamento dei
consensi del centro-destra) si attesta al 23% e Forza Italia, per la prima
volta nella sua storia (considerando anche il periodo interno al PdL) si
attesta al di sotto del 20%.
Per contro, le due scissioni dal partito berlusconiano fanno
registrare un consenso residuale (Fratelli d'Italia si attesta al 2,8% ed il
Nuovo Centro-destra al 4,8%), testimonianza della totale disaggregazione del
popolo berlusconiano che tende ad ingrossare le fila degli indecisi ed in
piccola parte a favorire il “nuovo” rappresentato da Renzi e Grillo.
Ma perchè ci si sofferma in maniera così consistente sulle
dinamiche nazionali quando alle urne si deciderà la composizione della
rappresentanza italiana a Bruxelles?
La risposta a questa domanda è interna ad un fenomeno tutto
italiano: mentre nel resto d'Europa solo in parte il risultato delle elezioni
europee è legato a fenomeni nazionali, nel nostro Paese il modo personalistico
di impostare la politica e la totale incapacità dei partiti di cercare consenso
nelle piccole realtà e di essere presenti capillarmente nella pluralità dei
contesti sociali rende questa tipologia di tornate elettorali un semplice sondaggio
sui leaders delle compagini che partecipano attivamente alla competizione
elettorale, che vengono fortemente influenzati dal risultato delle stesse.
Una nuova “tornata elettorale nazionale” quindi, che non
consente all'osservatore di analizzare i consensi e le opinioni degli italiani
riguardo alle istituzioni europee delle quali spesso ignorano l'esistenza, le
funzioni e delle quali troppo spesso criticano l'operato ignorando la condotta
dei propri eletti e l'andamento del processo di produzione normativa europea.
Una tornata elettorale che non promette nulla più che un
sondaggio sull'operato del governo di intesa nazionale in previsione di nuove
elezioni nazionali che non dovrebbero avvenire prima di un paio d'anni.
CARLO COPPOLA
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