Intervento del comandante della Costa Concordia Francesco Schettino in un’aula universitaria a Roma. Secondo quanto riporta stamani il quotidiano La Nazione è successo al termine di un master in scienze criminologiche organizzato dalla cattedra di psicopatologia forense della facoltà di Medicina dell’università La Sapienza. Alla fine della “lezione” Schettino ha commentato una ricostruzione del naufragio del Giglio e raccontato agli studenti universitari aneddoti tratti dalla sua esperienza di comandante di navi, soffermandosi in particolare sulla gestione di situazioni di panico e di crisi. Tutto ciò è soltanto la punta dell'iceberg di un sistema marcio che punta a mettere in evidenza persone, se così le vogliamo definire, disposte a tutto pur di apparire e che sono disposte a calpestare la dignità di tutte le persone; in questo caso anche di 32 persone che hanno perso la vita in quel terribile naufragio. Una ferita ancora aperta che lascia in noi, sgomento, dolore, rabbia.
UNA PRIMA RIFLESSIONE: I MASTER SONO DAVVERO UTILI O MENO?
Tutte queste emozioni portano i nostri animi ad una serie di riflessioni. La prima è ma i master sono veramente utili o no? Con questo non intendiamo sfociare in derive qualunquiste o populiste, ma cercare di dare un'analisi critica e rigorosa della situazione in Italia. I master rappresentano una fabbrica della formazione in continua crescita, in termini di fatturato e di addetti. Soltanto nell’ultimo anno, infatti, ne sono stati organizzati oltre duemila (quasi la metà alla prima edizione) per circa quarantamila studenti e con le generose sponsorizzazioni di 3500 aziende. Macchine da soldi, insomma, con un fatturato che, secondo le indagini del Censis, supera i 180 milioni di euro. Stessa musica per i professori reclutati con i master: sono ormai un esercito di 34mila docenti, in gran parte universitari che arrotondano gli stipendi, praticamente uno per ogni studente che in media spende 4800 euro per la sua iscrizione.
Fin qui il gigantesco giro d’affari che copre, come un lenzuolo, l’universo dei master universitari. E i vantaggi, in termini di occupazione, per gli iscritti? Pochi, pochissimi. Un’indagine di AlmaLaurea, Osservatorio Statistico dell’Università di Bologna nato nel 1994, dimostra infatti che «non si registrano differenze significative tra coloro che hanno terminato un master rispetto ai colleghi che non hanno concluso un’ esperienza analoga». Ma se i master fuori ateneo non servono a nulla, valgono poco anche quelli universitari. A cinque anni dalla laurea, quelli che ne hanno frequentato uno di primo livello, registrano una percentuale di occupazione pari all’ 88 per cento. Appena tre punti in più di chi ne ha fatto a meno. Il vantaggio occupazionale scende invece a due punti di differenza per i master di secondo livello. La situazione è addirittura paradossale se poi si considera la stabilità lavorativa, che «risulta addirittura più ridotta tra i laureati che hanno frequentato un qualunque tipo di master rispetto a quella raggiunta dai laureati privi di tale esperienza».
Chi ha fatto un master trova un lavoro stabile nel 59 per cento dei casi. Chi si è accontentato della laurea nel 74 per cento dei casi. E per giunta guadagna 17 euro in più: 1320 euro mensili contro 1303. Se ci si limita ai corsi di formazione di primo livello, la differenza in busta paga sale ancora di più. I laureati semplici sopravanzano i “masterizzati” di 65 euro. Dati confortanti, visto che il rapporto di Almalaurea sottolinea che i corsi post-laurea, oltre a essere inutili, sono anche discriminatori: hanno la possibilità di accedervi solo il 9 per cento di studenti disagiati, mentre il resto dei posti a disposizione, di pari passo con l’eccellenza e il costo, è appannaggio di giovani molto facoltosi. I master sono insomma un grande bluff, di cui il professore della Iulm Mauro Pecchenino spiega il gioco: «Le università italiane ormai sono aziende. E le aziende devono vendersi. Il master è un prodotto. Né più né meno che la maionese».
ALTRA RIFLESSIONI: GLI STIPENDI FOLLI DEI BARONI
"Ah porci!”, esclamò Perpetua. “Ah baroni!”, esclamò don Abbondio. I lanzichenecchi che distrussero la Lombardia nel 1630 Alessandro Manzoni li chiama proprio così, «baroni». Dal latino “baro - baronis”, termine che, dice la Treccani, indicava “il briccone, il farabutto, il furfante”. I mammasantissima delle nostre facoltà non hanno portato la peste come i soldati tedeschi che assediarono Mantova, ma di certo il loro dominio incontrastato ha contribuito a devastare l’università italiana. Dove, al netto delle eccellenze e dei tanti onesti, è sempre più diffuso il morbo del familismo e della raccomandazione a scapito del merito, delle capacità dei più bravi, della fatica dei volenterosi.
Vi segnaliamo questo passaggio significativo. Si tratta della fine di un esame di medicina. Il dialogo tra il “barone universitario” e Luigi Lo Cascio è memorabile . Cliccate qui per il link che rimanda a Youtube. Uno spezzone di film davvero significativo e che fa molto riflettere, di cui ve ne consigliamo la visione. Ecco la trascrizione del dialogo.
Prof.: “Lei promette bene, le dicevo, voglio darle un consiglio. Lei ha delle ambizioni? Allora lasci l’Italia finchè è in tempo. Cosa vuol fare? Il chirurgo? Qualsiasi cosa decida, vada a Londra, Parigi, in America se ne ha la possibilità, ma vada via, lasci questo Paese, finchè è in tempo. L’Italia è un paese bello e inutile, destinato a morire. Qui rimane tutto immobile, in mano ai dinosauri. Dia retta, vada via”.
Studente (Lo Cascio): “Ma lei Prof. perchè non va via”?
Prof.: “Perchè io sono uno dei dinosauri da distruggere”.
IN ITALIA SUCCEDE ANCHE QUESTO
Come abbiamo già detto, in Italia succede anche questo. Succede che una persona artefice di un disastro di tali dimensioni possa insegnare a tanti studenti universitari come gestire il panico. Peccato che nel momento dell’incidente, questo caro, non molto, signore, abbia deciso di scappare dalla nave, o meglio, come ha dichiarato Schettino al comandante della capitaneria di Porto De Falco, di essere accidentalmente caduto nella scialuppa di salvataggio. In Italia succede anche questo.
La reazione del Rettore della Sapienza Luigi Frati non si è fatta attendere: http://www.uniroma1.it/notizie/frati-schettino-iniziativa-autonoma-e-indegna
La reazione del Rettore della Sapienza Luigi Frati non si è fatta attendere: http://www.uniroma1.it/notizie/frati-schettino-iniziativa-autonoma-e-indegna
VIS SAPIENTIA
Bravi ragazzi. Siete stati gli unici a dar voce a questo scempio!
RispondiEliminaUn articolo davvero interessante. Le riflessioni esposte colgono nel segno... In particolare mi ha colpito il dialogo fra lo studente (Luigi Lo Cascio) e il prof. (barone universitario)... Davvero significato... spiega la situazione delle università italiane... Una spiegazione che vale più di mille parole!
RispondiEliminaUn commento davvero perfetto. Complimenti anche a chi ha scritto l'articolo. Gli unici che avete dato voce a questo schifo.
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