DUE BAFFI PER LA SCALATA AL SUCCESSO



“Ecco un’ottima invenzione”. Così Georges Duroy, il protagonista del capolavoro di Guy de Maupassant “Bel-Ami”,descrive il suo corpo elegante e “sensuale”. Non è per nulla privo di modestia e autocompiacimento bel-ami il cui destino, per uno strano gioco letterario, sembra fotografato dal soprannome dello stesso eroe maupassantiano. L’apoteosi di un uomo scaltro e “carnale” ,la cui sfacciataggine da una parte e lieve emotività dall’altra, hanno reso il conquistatore del giornalismo parigino. Sebbene al pupillo di Flaubert piacesse sostenere che il romanzo non fosse altro che un’autobiografia, non si può fare a meno di constatare le differenze tra i destini dei due. 

Maupassant avrebbe visto la malattia, la pazzia relativamente precoce all’età di 43 anni nel 1893. Il suo autoritratto letterario invece, avrebbe trionfato diventando ricco,invidiato e felice. Tuttavia il vero scopo di“Bel-Ami” è un altro : dipingere il quadro di una media-borghesia che nella mediocrità si accinge a raggiungere il potere in un campo particolare, quello della stampa che inizia ad intravedere il germe dei sotterfugi politici e che si prepara a diventare sede di scontri personali. I baffi del giovane bel-ami, i suoi capelli, la sua prorompente fisicità unita ad una leggera ma costante emotività, fanno di Duroy un mero arrampicatore sociale privo di alcuna effettiva e strepitante passione se non quella per il denaro e per l’amore carnale delle sue tante amanti.

Henry James infatti, anch’egli maestro della narrativa, parla di “Bel-Ami” come di un’opera che è “piena dello scompiglio e delle crudezze della vita (l’energia e l’espressività quasi ci corrompono fino a farcela amare)”. Tuttavia va tenuto presente come non ci si debba fermare all’apparente carattere ironico e quasi proverbiale del romanzo. Ecco perché limitarlo a semplice opera narrativa sarebbe fortemente riduttivo. “Bel-Ami” ha un valore maggiore che lo rende fortemente attuale. E’ il quadro della Parigi culturale e mondana e del deterioramento di un certo giornalismo di fine ottocento di cui Maupassant denuncia la stupidità e la crudeltà spietata. 

Un giornalismo pronto a mescolarsi in qualunque avventura colonialista e per questo venuto meno al suo compito primario: dare un’informazione che non sia di parte. Un’interpretazione del romanzo più estensiva e dettagliata grazie alla quale compendiamo la portata di questo capolavoro della letteratura francese scritto da un personaggio sui generis e fuori dagli schemi capace di creare immagini suggestive ma nello stesso tempo in grado di fornirci un chiaro scorcio storico di una Parigi agli inizi della sua decadenza morale.


                                                                                 MARIANGELA ROSATO

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