Europa e Medio Oriente oltre gli identitarismi



La libertà di parola, nonché la libertà di manifestare liberamente il proprio pensiero sono considerate diritti inalienabili della sfera umana e allo stesso tempo pilastri portanti di una reale democrazia., queste stesse libertà cominciano a sgretolarsi quando si tenta di apporre filtri o censure su questioni considerate forse troppo “scomode” per il loro fondo di verità. Lunedì 16 Febbraio presso la Sala Assemblea del Centro Congressi Frentani, si è tenuto l’incontro “Europa e Medio Oriente oltre gli identitarismi” che ha avuto come ospite lo storico e docente israeliano Ilan Pappè, da sempre impegnato nella difesa dei diritti civili in Palestina.

Interviene e dà inizio all’evento Francesco Pompeo, antropologo presso l’Osservatorio sul Razzismo e le diversità dell’Università Roma Tre, il quale introduce quello che sarà il tema di discussione legato all’uso e l’abuso delle politiche dell’identità che stanno destabilizzando e devastando il Medio Oriente. L’evento avrebbe dovuto tenersi inizialmente presso l’Università Roma Tre ma questa,all’ultimo minuto, ha ritirato la sua disponibilità.

“E quindi via mail apprendiamo che lo spazio universitario ci era negato adducendo motivi tecnico-procedurali che non ci hanno convinto” commenta Francesco Pompeo, facendo riflettere su come sia totalmente assurdo e demotivante che l’università, da sempre luogo di grande rilevanza culturale, neghi la possibilità di dialogare e discutere sui problemi che affliggono la realtà contemporanea



Interviene successivamente Luisa Morgantini, vice presidente del Parlamento Europeo e Presidente di Assopace Palestina, la quale dopo aver rimarcato ulteriormente la linea di discussione dell’incontro lascia la parola all’antropologa Michela Fusaschi.  La studiosa Michela Fusaschi sottolinea la comunanza tra la questione palestinese e la questione ruandese presente nella vicenda di uno storico,originario del Ruanda,testimone diretto del genocidio. Comunanza legata al fatto che i testimoni di tali genocidi tendono a vivere varie fasi nella loro vita: dapprima sono testimoni, successivamente esiliati e profughi diventano attivisti, coscienti dell’ingiustizia che subisce il proprio popolo. 

Bianca Maria Scarcia Amoretti, islamista e docente presso l’Università La Sapienza, rimarca l’attenzione sulla lingua in questo tipo di conflitti, tema spesso ignorato dai dibattiti politici. Interviene subito dopo Anna Bozzo, storica dei paesi islamici presso l’Università Roma Tre, affermando l’importanza dell’università al centro della società civile. Importanza lesa in maniera evidente dal comportamento di alcune istituzioni universitarie. Continua la discussione Ruba Salih,antropologa presso la School of Oriental and African Studies, raccontando della vicenda di un militare israeliano durante la guerra del ’48 al quale era stato ordinato di uccidere i palestinesi che tentavano di raggiungere i propri villaggi.

Interviene nella discussione lo storico e docente Ilan Pappè, il quale dopo aver ringraziato i presenti, introduce il concetto di “colonialismo” e il concetto di “colonialismo di popolamento”. Con la prima accezione si fa riferimento al processo di sfruttamento e invasione di una terra,con la seconda accezione s’intende la colonizzazione di un certo paese reinventandosi come abitante dello stesso, procedendo così al genocidio della popolazione locale. Il colonialismo di popolamento è avvenuto in Sud Africa e continua ad avvenire in Palestina. “Se applichiamo il colonialismo di popolamento al sionismo, acquisiamo strumenti più rilevanti per analizzare la situazione”, prosegue lo storico,”ciò ci permette di trattare il sionismo non dal punto di vista dell’antisemitismo”.



Successivamente, il professor Pappè richiama il concetto di ospitalità per dimostrare come questo venga ripetutamente stravolto dallo Stato Israeliano nel tentativo di convincere i palestinesi che sono loro stessi ad essere “ospiti” nella loro terra, anziché il contrario. Il concedere una parte della terra ai palestinesi quasi fosse generosità risiede nel rifiuto, da parte dello Stato Israeliano, della propria identità di stato coloniale. “Il futuro dei coloni e dei nativi non dipende dalla religione”, afferma il professor Pappe “non si può definire la lotta in Palestina come antisemita, poiché è anticoloniale” e conclude “se disegnare fumetti su Maometto è libertà di parola, parlare della Palestina non è antisemitismo.”

“Parlare del conflitto dopo Ilan Pappè è come giocare a calcio contro Maradona” commenta sorridendo l’attore e scrittore Moni Ovadia, sottolineando come sia importante inquadrare la questione fuori dalla propaganda, dagli stereotipi e definendo le accuse di antisemitismo per il solo fatto di parlare del conflitto come strumento d’aggressione e d’impedimento della libertà d’espressione. “L’autodeterminazione dei popoli non può essere oggetto di negoziati” afferma perentoriamente Moni Ovadia e conclude affermando come “il sionismo stia distruggendo l’aspetto più nobile della cultura dell’ebraismo”. 

A conclusione dell’incontro Ilan Pappè interviene nuovamente per rispondere alle innumerevoli domande poste dal pubblico in sala. “La lotta alla giustizia sociale nel monto intero è l’unico modo per perseguire la giustizia sociale in Palestina”, afferma lo storico sottolineando come non importi chi sia l’oppressore o l’oppresso in quanto è l’oppressione stessa ad essere sbagliata e definendo ciò che sta succedendo in Iraq, Libano e Siria come un collasso del modello coloniale francese e inglese.

La fine di questo incontro ha portato con sé una sottile malinconia, la dura consapevolezza di come la realtà circostante sia ben diversa da quella che si ostinano a voler dipingere., una realtà intessuta di sotterfugi politici, di censure e libertà di cartone in cui non c’è posto per i diritti umani, in cui non c’è posto per i diritti di tutti. Parlare di ciò che per molti è scomodo e voler sapere, rende responsabili. Si è sempre responsabili di ciò che si sa perché sapere vuol dire agire e agire vuol dire cambiare ciò che si ritiene sia ingiusto.  Difficile non pensare alle parole di Fossati “… se c’è una strada sotto il mare prima o poi ci troverà, se non c’è strada nel cuore degli altri prima o poi si traccerà.” Prima o poi si traccerà, chissà.

                                                          YLENIA ROMANAZZI

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