La teoria gender nega che l’umanità si divida in uomo e donna
Negli ultimi decenni del XXI secolo abbiamo assistito a una rivoluzione concettuale che consiste in una manipolazione del linguaggio cioè la sostituzione della differenza sessuale fra uomo e donna con il termine indeterminato gender. Alcuni intellettuali e politici hanno cercato di rendere concreta e condivisa l’affermazione del famoso libro di Simone de Beauvoir “Il secondo sesso”: “Donne non si nasce, ma si diventa”.
Questa aberrazione, ultima trovata di U.S.A. e Europa, si sta diffondendo come un virus trovando l’appoggio dei burocrati di Bruxelles, che senza alcuna legittimazione politica hanno dirottato molti finanziamenti, provenienti dal Fondo Europeo, in programmi di aggiornamento e formazione indirizzati al nuovo credo dell’ideologia “ gender”. A proposito di persone non legittimate, il Governo Renzi ha pensato (male) di promuovere l’ideologia gender nelle scuole, piegandosi ai dettami della nuova teoria del mondo moderno. Ma che cos’è l’ideologia del gender?
La teoria del gender è un’ideologia a sfondo utopistico basata sull’idea, già propria delle ideologie socio-comuniste e fallita miseramente, di negare che l’umanità è divisa tra maschi e mira a eliminare le identità sessuali “naturali”; non è il corpo sessuato con cui ognuno di noi è nato a determinare l’essere maschio o femmina di ogni essere umano, ma una scelta personale alla quale contribuiscono anche le condizioni della società in cui si vive. Uomo o donna non si nasce, insomma, ma si diventa, magari per scelta, e non irreversibile.
Il fulcro della rivoluzione del gender è il linguaggio, come si deduce da qualche ordinamento giuridico, dove solo cambiando qualche termine – “genitore” invece di “madre” e “padre”, “parentalità” invece di “famiglia” – si è riusciti a cancellare nei documenti la famiglia naturale. Con un’altra operazione artificiosa si sostituiscono “sesso” con “sessualità” e “sessuato” con “sessuale”, per confermare che non conta la realtà, ma solo la scelta del desiderio.
Da qui il termine gender (che è più elegante e neutro di “sesso”) non solo è entrato nel nostro linguaggio, ma utilizzando la copertura del programma anti-omofobia 2014/2015 di concerto con le principali associazioni LGBT italiane, il Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha concordato con “Agedo”, “Arcigay”, “ArciLesbica”, “Associazione Radicale Certi Diritti”, “Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli”, “Equality Italia”, “Famiglie Arcobaleno”, “Gay Center”, “MIT” un piano strategico nazionale di contrasto all’omofobia e la transfobia che ha assunto a base ideologica proprio la teoria del gender.
Ma allora che cosa c’entra la lotta all’omofobia con la diffusione della teoria del gender?
Non dovrebbe centrare nulla, ma le associazioni LGBT, ne hanno approfittato per la loro battaglia di riconoscimento dei matrimoni gay. La guida contro la discriminazione sconsiglia i genitori di raccontare fiabe ai bambini in quanto promotrici della famiglia; per le Pari Opportunità la famiglia tradizionale non è altro, quindi, che un concetto bigotto e miope, che chiude le menti umane. Ed eccoci qui, con esempi più moderni, di coppie omosessuali, con genitori uno e due!
Fra l’altro questa campagna aggressiva, nei modi e nelle forme, è una delle più pericolose derive formative del nostro secolo e non fa altro che aumentare un divario, già consistente, con le altre società quali la Cina, la Russia, l’India e i paesi islamici che già hanno steso un cordone sanitario contro questo virus dell’Occidente malato e decadente.
La libertà educativa è un valore imprescindibile che non può e non deve essere strappato in alcun modo alle famiglie e imposto ai docenti con faziose e tendenziose campagne formative dell’UNAR pagati con i fondi dell’Europa.
Pertanto vi allego questo link che reinderizza alla petizione contro a propaganda gender nelle scuole dei nostri figli: http://www.notizieprovita.it/petizione-sulleducazione-affettiva-e-sessuale-nelle-scuole/
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