FISCAL COMPACT: VE NE ERAVATE DIMENTICATI PER CASO?

Fiscal Compact cappio economie europee

Il Ministro dell’Economia italiano Pierluigi Padoan ha presentato, nel mese di Aprile, il DEF (Documento di Economia e Finanza) nel quale si afferma che il pareggio di bilancio in termini strutturali (ossia corretti per il ciclo economico) viene ulteriormente rimandato al 2019 (in precedenza era già stato rimandato al 2017). Il pareggio di bilancio, previsto dal famoso trattato sulla stabilità, coordinamento e governance dell’Unione Europea, più conosciuto con il nome di Fiscal Compact e che l’Italia ha inserito in Costituzione per accedere ai finanziamenti del Fondo Salva Stati, è stato rimandato per la terza volta consecutiva e ciò dovrebbe far intuire come il pareggio di bilancio sia davvero un freno per le economie, che hanno bisogno di spendere per effettuare investimenti e stimolare la crescita economica mediante politiche anticicliche. Ma cosa prevede esattamente il Fiscal Compact? Il seguente trattato consta di 16 articoli, ma i suoi punti salienti sono:


  1. I bilanci pubblici devono essere in equilibrio, o meglio ancora positivi al netto del ciclo economico. Il deficit strutturale non deve superare lo 0,5% del PIL, condizione più conosciuta come la Golden Rule del Fiscal Compact, mentre per i Paesi il cui debito è inferiore al 60% del PIL, non deve superare l'1%. L’altro punto è la riduzione del rapporto Debito/PIL di un 1/20 della distanza fra il suo livello effettivo e la soglia del 60%; 
  2. Ogni Stato garantisce correzioni automatiche qualora non raggiungesse gli obiettivi di bilancio concordati ed è obbligato ad agire con scadenze determinate;
  3. La nuova regole devono essere inserite nella legislazione nazionale, magari di tipo costituzionale. Alcuni Stati hanno evidenziato che questo avrebbe richiesto un referendum; dunque è stato deciso di non rendere obbligatoria questo suggerimento: sono ritenute sufficienti altri tipi di garanzie;
  4. La Corte europea di giustizia verificherà che i Paesi che hanno adottato il trattato lo abbiano trasposto nelle leggi nazionali. In caso contrario, uno Stato può essere deferito alla Corte dagli altri e incorrere in una sanzione pari allo 0,1% del PIL;
  5. Il deficit pubblico dovrà essere mantenuto al di sotto del 3% del PIL, come previsto dal PSC e in caso contrario scatteranno sanzioni automatiche;
  6. Ci saranno almeno due vertici all'anno dei 17 leader dei Paesi che adottano l'euro, con gli altri Paesi invitati almeno a uno dei due;
  7. Il trattato intergovernativo entrerà in vigore quando sarà stato ratificato da almeno 12 dei Paesi interessati.

Come si mette in pratica tutto ciò? Prendiamo in considerazione il primo punto saliente che afferma: “I bilanci pubblici devono essere in equilibrio, o meglio ancora positivi al netto del ciclo economico. Il deficit strutturale non deve superare lo 0,5% del PIL… l’altro punto è la riduzione del rapporto Debito/PIL di un 1/20 della distanza fra il suo livello effettivo e la soglia del 60%”

Prendiamo in considerazione il valore del rapporto Debito/PIL italiano, che attualmente è del 132,7% (Fonte: Eurostat, 2015). Attraverso una banale sottrazione potremmo calcolare: 132,7 – 60 = 72.7 e dividendo questo risultato per 1/20 avremmo come risultato 3,635. Per rispettare il primo punto di bilancio, il rapporto Debito/PIL italiano dovrebbe scendere di 3,635 punti percentuali all’anno. Al momento, date le politiche scellerate di austerità, sarebbe più facile trovare il fuoco in un ghiacciaio. 

Tuttavia, per ridurre tale rapporto, non basta soltanto colpire il debito pubblico, in un’economia sovrana, ad esempio l’Italia pre-euro, non costituiva un problema, dato che la Banca d’italia, fino al divorzio del 1981 dal Ministero del Tesoro, si indebitava, passateci il termine, “fittizziamente” dal momento in cui era lo Stato che si indebitava con se stesso.

Al giorno d’oggi, ci si indebita con grandi colossi bancari (molti dei quali sono di natura speculativa e non commerciale), e pertanto avere un debito molto alto può essere un problema; tuttavia Wolfgang Munchau, noto giornalista del Financial Times, protagonista di molti dibattiti in chiave anti-austerità, espone già da tempo una tesi molto interessante: “Il debito non è altro che il credito di un altro e annullare questo meccanismo, distruggendo il modo di spendere dello stato, ossia facendo debito, rischierebbe di creare un’ulteriore recessione mondiale che sarebbe in grado di autoperpetuarsi. Il valore del debito da considerare pertanto, non è il valore assoluto, ma il rapporto Debito/PIL, che ne misura la sua sostenibilità nel lungo periodo. Concentriamoci sul rapporto Debito/PIL, rendiamo il debito più sostenibile”.  

Ma per far sì che il PIL aumenti, occorre spendere a deficit (ma lo Stato ora non può più farlo, se non nei limiti previsti dal punto 1 del Trattato); anzi, qualora lo Stato “sgarri” sono previste sanzioni consistenti in depositi fruttiferi che variano dallo 0,1 allo 0,5% del PIL (a seconda di quanto sia il valore del Deficit/PIL da correggere, come da tabella: 

Sanzioni per i deficit eccessivi


Questi depositi fruttiferi, a due anni dalla prima sanzione, saranno convertiti in multa qualora lo Stato ammonito non dovesse rientrare nei valori previsti (PUNTO 2 e 5). Ma ora analizziamo un altro punto importante: l’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione, tanto voluto dalla Germania della Merkel, convincendo gli stati più restii permettendo loro di accedere al cosiddetto Fondo Salva Stati (Meccanismo Europeo di Stabilità), dall’alto del suo ruolo di maggior contribuente al Meccanismo europeo di Stabilità. Ma cos’è? E’ un fondo europeo che si prefigge come obiettivo quello della stabilità finanziaria dell’area euro e che dovrebbe scoraggiare la speculazione internazionale. Qual è il problema? Il problema è che eroga denaro sotto specifiche condizioni di politica economica, erodendo (per non dire annullare) la sovranità nazionale dello Stato richiedente (PUNTO 5). 

Detto questo, signore e signori… benvenuti all’inferno. 

                                                        VIS SAPIENTIA

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