Fino ad alcuni giorni sembrava imminente la notizia della fusione di due enormi multinazionali che controllano ampi settori dell’agricoltura e dei medicinali, e cioè la statunitense Monsanto e la tedesca Bayer. La Monsanto ha respinto l’offerta di Bayer, e quindi la cosa è al momento scongiurata.
Che a livello globale si stia assistendo ad una tendenza alla fusione tra aziende però ci deve far capire che stiamo rischiando di vedere il sistema economico mondiale sempre più in mano a grandi monopoli transnazionali, con la conseguenza che un’ampia percentuale delle ricchezze planetarie potrebbe concentrarsi ancor di più nelle mani di pochi individui.
Da ciò discende un’ ulteriore perdita di dignità per i lavoratori i quali, essendo alla mercé di compagnie con filiali in ogni continente, possono in qualunque momento essere costretti a spostarsi da un Paese all’altro a causa della dislocazione delle produzioni aziendali.
C’è da aggiungere un’altra cosa. Le due aziende in questione sono spesso state oggetto di chiacchiere piuttosto inquietanti sulla salubrità dei loro prodotti e la loro storia non è proprio senza ombre. La Bayer nasce da una divisione della IG Farben, la ditta che fabbricò il gas Zyclon B usato nelle camere a gas ai tempi del regime hitleriano. La Monsanto, invece, finanziò i bombardamenti statunitensi ai tempi della guerra in Vietnam, anche tramite la produzione di gas nocivi.
Monsanto e Bayer sono, inoltre, anche tra le principali produttrici di OGM. Questi altro non sono se non organismi viventi alterati nel DNA, sia essa una semplice eliminazione del materiale genetico (ed in questo caso si chiamano “cisgenici”) o un’aggiunta di materiale proveniente da un’altra specie (ed in questo caso si chiamano “transgenici”).
Indipendentemente da ciò che si pensa a riguardo, è abbastanza sicuro che gli OGM costringano chi li produce a comprare all’infinito le sementi dalle stesse società. Il che ci induce a pensare che essi siano uno dei numerosi strumenti di controllo mondialista nell’economia odierna: una pretesa di poche multinazionali di controllare il sistema alimentare mondiale, mettendo anche in difficoltà specie e razze autoctone, i tradizionali saperi rurali, le tradizioni gastronomiche locali e la sovranità alimentare dei popoli.
È piuttosto curioso, del resto, che i Paesi ostili in toto agli OGM siano anche quelli che in un modo o nell’altro stanno facendo resistenza allo strapotere della finanza internazionale: Russia, Ungheria, Austria, Serbia, Siria, Venezuela…Come piuttosto curioso che questi stessi Paesi siano spesso accerchiati e presi di mira dai media ufficiali sulla prima questione politica “utile”.
Non è difficile ipotizzare che le sanzioni alla Russia e il TTIP non siano temi slegati, al di là della questione ucraina: è presumibile che Washington abbia imposto all’UE di sanzionare il Cremlino anche per interrompere le relazioni commerciali di alcuni Paesi europei con Mosca (tra i quali in primo piano c’è proprio l’Italia).
Un modo come un altro per continuare ad isolare la Federazione e portare ancora di più dalla propria sponda dell’oceano il già ampiamente controllato occidente Europeo, costretto a guardare agli USA per esportare e al contempo importare anche gli stessi OGM.
Quanto al TTIP, i rischi sono ormai noti a tutti: in nome della libertà assoluta di circolazione merci, capitali e manodopera, le aziende private potrebbero far causa perfino ad uno Stato. Una spada di Damocle sulla già complicata autonomia dei governi occidentali rispetto all’economia e un’ ulteriore spinta verso il dominio assoluto delle multinazionali su scala globale.
Da qui si torna prepotentemente alla possibile fusione Monsanto – Bayer e a tutti i casi simili: una formazione di monopoli, una rimozione delle barriere commerciali e un’eccessiva liberalizzazione degli scambi internazionali che favoriscono la formazione di enormi potentati economici.
Le ricette per contrastare questa deriva sarebbero anche abbastanza semplici. Una rilocalizzazione dei sistemi produttivi agricoli e una nazionalizzazione dei comparti industriali strategici nazionali potrebbero essere un ottimo inizio, e sono senz’altro da stimare ed incentivare diverse iniziative sorte dal basso per favorire il consumo locale o regionale e la creazione di microeconomie legate ai territori.
Ma per sottrarsi programmaticamente alla morsa dei trattati che avvantaggiano multinazionali e monopoli il vero obbiettivo da perseguire sarebbe quello di uscire dall’UE, poi progressivamente dal WTO e dagli altri organismi economici liberoscambisti, avviando così una politica che contrasti le fusioni aziendali e l’invasione di merci e capitali esteri.
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